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Duomo di San Martino

Duomo di S. Martino

Duomo di San Martino
Secondo la tradizione la prima chiesa di S.Martino fu edificata per volere di S.Frediano, vescovo di Lucca morto nel 588. Fu poi ricostruita nel 1070 per volontà di papa Alessandro II (1061-1073) che la consacrò solennemente alla presenza della contessa Matilde di Canossa.

Verso la fine del XII secolo iniziò la terza e definitiva ricostruzione della chiesa, con il riassetto della facciata: i lavori, proseguiti a fasi alterne, si conclusero solo nel 1637 con l'ultimazione della Cappella del Santuario. Molti capomastri si succedettero nei secoli alla guida del cantiere: merita di essere menzionato Antonio Pardini da Pietrasanta (1395-1419) con il quale l'edificio assunse la forma che ancora oggi presenta.

L'interno della chiesa è ricco di importanti opere d'arte: dal rilievo con la Deposizione di Nicola Pisano (1220 ca- 1280 ca), ai monumenti funebri Da Noceto e Bertini realizzati da Matteo Civitali (1436-1501), e, tra i dipinti, dalla Madonna con Bambino e Santi di Domenico Ghirlandaio (1449-1494) all' Ultima Cena del Tintoretto (1518-1594).

Monumento Funebre di Ilaria del Carretto

Due capolavori, tuttavia, spiccano sugli altri: l'antico crocifisso del Volto Santo (o Santa Croce) e il Monumento funebre di Ilaria del Carretto opera di Jacopo della Quercia (1374 circa- 1438).

Indirizzo:
Piazza San Martino

Orario:
Estate dalle ore 07,00 alle ore 19,00
Inverno dalle ore 07,00 alle ore 17,00

Notizie Utili:
Il biglietto per l'ingresso può essere cumulativo per la visita al Complesso Museale della Cattedrale e della Chiesa di S.Giovanni.

LA STORIA

Il sito della cattedrale, come in altre città di antica origine, si colloca ai limiti della città romana: gli spazi centrali della Luca romana erano fortemente urbanizzati e non era ancora attuabile il progetto, che si concretizzerà per la chiesa di San Michele, di utilizzare lo spazio del foro. Non abbiamo notizie sulla primitiva costruzione: si è pensato ad un esempio di complesso episcopale,  costituito da una serie di chiese raggruppate, con funzioni differenziate. Nell'area dell'attuale piazza San Martino si affacciavano il battistero, la chiesa nota attualmente come Chiesa dei Santi Giovanni e Reparata e probabilmente la chiesa che occupava il sito della odierna cattedrale. Altri edifici sacri sorgevano nei pressi, come la chiesa oggi distrutta di San Salvatore in Pulìa.

San Martino ricevette il titolo di chiesa cattedrale nell'VIII secolo, a scapito della chiesa di Santa Reparata. Lo spostamento avvenne probabilmente per sottolineare il nuovo stato di cose a Lucca, con la fine del dominio longobardo e l'avvento dei conti carolingi, in stretta collaborazione con il papato. Segno di questo cambiamento fu la traslazione nel 780, ad opera del vescovo Giovanni I, delle reliquie di San Regolo dalla ormai spopolata città di Populonia. Per ospitare le prestigiose reliquie si rese necessario l'ampliamento della chiesa, con la costruzione di una cripta e di nuovi e più sontuosi arredi interni.

La cattedrale fu completamente ricostruita a partire dal 1060 e solennemente consacrata nel 1070 da Anselmo da Baggio, che all'epoca della consacrazione era già papa Alessandro II, ma aveva mantenuto il titolo di vescovo di Lucca, anche perché impegnato nello scontro con l'antipapa Onorio II, ovvero Cadalo da Parma. L'unico resto di questa fase della cattedrale, che peraltro doveva essere un edificio di grande importanza, è il Busto di Anselmo da Baggio, conservato oggi nel Museo della Cattedrale. La chiesa, in stile romanico, doveva avere corpo basilicale a cinque navate, sorrette da colonne sormontate da matronei, tetti a copertura lignea. Il porticato, costruito successivamente, conserva ancora una serie i mensoloni su cui doveva essere disteso un tavolato in modo da formare un passaggio che congiungesse ai matronei.

Nel 1196 veniva costituita l'Opera del Frontespizio, che si dotava di consoli e rendite proprie allo scopo di costruire ed adornare la facciata con un nuovo portico, elemento già presente nella cattedrale fin dall'833, distrutto nel 905 e ricostruito nel 928. A sua volta la cattedrale pisana doveva influenzare pesantemente il rifacimento del portico di facciata, ad opera di Guidetto da Como, scultore ed architetto già impegnato nel cantiere pisano, che nella facciata del San Martino si raffigura con in mano una pergamena che reca la data 1204. Il cantiere portò alla nascita del cosiddetto Secondo stile del romanico lucchese, fortemente influenzato dal più innovativo romanico pisano, ma che accentua ulteriormente la complessità e l'intrico della decorazione a colonnette.

Appena concluso il cantiere del portico di facciata, si dovette mettere mano, forse a causa di un dissesto statico, ad un rifacimento dell'area absidale. Il vescovo Enrico II concesse parte del terreno degli orti del palazzo vescovile (ancora oggi situato ad est della cattedrale) ad augmentandam ecclesiam per un prolungamento dell'abside di quattordici braccia. La lunghezza di questo prolungamento lascia supporre che si stesse già progettando un rimodellamento della cattedrale a tre navate con transetto; infatti il prolungamento ha portato le tribune della chiesa alla stessa lunghezza che successivamente fu data ai bracci del transetto. I lavori, come testimonia una lapide murata nell'abside, iniziarono nel 1308; furono ripresi nel 1320 dall'Operaio ser Bonaventura Rolenzi (che appose la lapide nel punto cui erano giunte le costruzioni sotto il suo predecessore). Nel 1348 come risulta da una donazione testamentaria della vedova di Castruccio Castracani[4] in trefunibus ( sic per tribunis) novis inceptis et finiendis, che forse per motivi di risparmio, forse per l'urgenza dei lavori, forse per lo spirito conservatore tipico delle espressioni artistiche lucchesi, furono portati avanti in gran parte riutilizzando pietre lavorate ed intarsi marmorei provenienti dalla antica chiesa, creando così una grande abside unica dall'ingannevole aspetto romanico in pieno XIV secolo.

Le cattive condizioni economiche della città di Lucca in quegli anni della sua storia, ridussero considerevolmente i fondi disponibili e le tribune furono costruite in un gotico alquanto povero e dimesso, con archi acuti e pilastri a sezione rettangolare coronati a cornice semplice, lavorati con poca destrezza e che denotano una «grande negligenza di esecuzione» (Ridolfi).

Nel 1372, due anni dopo la liberazione dal giogo pisano, che i lucchesi sentirono così grave da dedicare nel duomo stesso un altare Alla libertà, erano completate l’abside, il muro perimetrale del transetto, e voltata la prima campata orientale. La navata era ancora quella romanica e comunque si faceva conto di reimpiegarne le pareti perimetrali rinforzate e rivestite. Sia i pilastri sia le volte diedero però segni di dissesto statico; l’Opera del Duomo era talmente malridotta da non avere un Operaio in carica e la questione fu portata al Maggiore e generale Consiglio del popolo.

Questo, nell'adunanza del 19 aprile 1372 deliberò di eleggere ben tre Operai, che dovevano esaminare le proprietà rimaste all’Opera e cercare di trarne il maggior profitto possibile, col quale far continuare i lavori interrotti e iniziare quelli mai iniziati. Fra i tre Operai prescelti spicca il nome di Francesco Guinigi che - dopo aver recitato un ruolo primario nella liberazione della città da Pisa - si serviva delle sue enormi ricchezze per esercitare un signoria de facto sul governo lucchese. Probabilmente fu proprio lui a convocare un consulto in cui furono invitati i maggiori esperti d’architettura disponibili in Toscana. Ridolfi ritiene che la maggioranza di questi esperti dovettero provenire dal grande cantiere di Santa Maria del Fiore, la cattedrale fiorentina, del cui gigantesco corpo basilicale si stava ormai terminando la costruzione, in attesa di affrontare il grande problema della cupola. La domanda posta agli intervenuti fu se si dovesse continuare il progetto iniziato o se fosse necessario apportare cambiamenti. Il parere conclusivo venne fatto conoscere al Consiglio generale nella seduta del 23 giugno 1372.

I lavori già effettuati furono giudicati «meschini e non solidi a sufficienza»[5] e si raccomandava l’adozione di pilastri più robusti, di un disegno ispirato a quelli talentiani usati per Santa Maria del Fiore. I pilastri già costruiti dovevano addirittura essere rimossi, dopo aver puntellato accuratamente le murature circostanti, e sostituiti da pilastri ottagonali del modello proposto, con una spesa di circa 600 fiorini. Nel corso della seduta venne data piena autorità agli Operai (menzionando con particolare onore Francesco Guinigi) di disporre dei proventi dell’Opera per disfare e costruire a loro arbitrio. Molto probabilmente, in quella sede o in successive sessioni, i maestri interpellati dovettero fornire modelli non solo per il nuovo pilastro, ma anche per il resto dell’alzato, coi matronei e le volte a costoloni. I lavori dovettero ricominciare con nuova alacrità anche se sappiamo da una istanza presentata dall’Operaio ser Bartolomeo di Nicolao Bacchini che nel 1379, nonostante fossero stati eretti altri pilastri, non si era ancora provveduto alla sostituzione di quelli eretti seguendo il precedente progetto. Il comune concesse altri 200 fiorini e si deve credere che solo allora si procedesse alla sostituzione. Nel maggio 1384 il comune erogava altri 200 fiorini per l’erezione di altri pilastri, dodici anni dopo la ripresa dei lavori. Altre notizie di vendite, richieste di sussidi e aiuti, al comune e nel 1387 addirittura a Papa Urbano VI, concorrono nell’indicare la fine dei lavori intorno al 1390.

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