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I Monti Pisani

Il Monte Pisano è un vero e proprio scrigno di ricchezze storiche, archeologiche, naturalistiche, paesaggistiche…
Indicato, nel passato, come “mons eremiticus” (la leggenda narra che proprio qui Agostino abbia dettate le sue regole ai “frati neri”), frequentato già dagli uomini della preistoria e, poi, dagli Etruschi, teatro di scontri  furibondi tra lucchesi e pisani nel medioevo (“il monte che i Pisani veder Lucca non ponno…” di dantesca memoria), diviene, a partire dal ‘500 -‘600, luogo elettivo dei nobili pisani e lucchesi per le loro ville.



 Il Monte Pisano è un acrocoro che si estende da nord-ovest a sud-est per una lunghezza di circa 21 km., da Ripafratta a Cascine di Buti, e per una larghezza minima di 7,5 km; con la sua morfologia, piuttosto aspra, esso costituisce una  sorta di solido bastione  tra Lucca e Pisa, a nord del corso dell’Arno: e questo, anche se la sua altezza massima è di 917 metri, sul Monte Serra. Circondato dal mare sino a due-tre milioni di anni fa, ancora poco più di mille anni fa le acque (Serchio, Arno) avevano nuovamente colmato tutta la piana lucchese e, d’altronde, l’antico Lago di Sesto o Bientina, ai piedi del monte, è sopravvissuto sino a pochi secoli fa. Un solido bastione, dicevamo, dal quale si può tutt’oggi godere uno splendido panorama: oltre le piane di Lucca e Pisa, le Apuane, gli Appennini toscani sino ai monti del Chianti, di Siena e di Volterra; al di là del mare, lo sguardo può spingersi sino alla Corsica, all’arcipelago toscano e, in giornate con limpidità record, sino alle Alpi Marittime.



 Geologicamente molto antico (con rocce risalenti sino a circa 300 milioni di anni fa), è da questo punto di vista veramente significativo: non a caso è tutt’oggi meta di ricercatori di fossili e minerali. Quarziti, filladi, scisti, diaspri, macigno; il Verrucano, la pietra di Guamo o quella di Matraia, pietre con le quali sono costruiti molti degli edifici di Lucca e Pisa; e poi grotte, terrazzamenti, carsismo, ravaneti e sassie, conoidi di deiezione: solo flash per una zona di straordinario interesse.



 Il suo territorio è suddiviso tra due province (Lucca e Pisa) e sei comuni: Lucca, Capannori(LU); Buti, Vicopisano, Calci e S. Giuliano Terme (PI): dei 15.600 ettari complessivi (a metà circa tra le due province), Capannori ne occupa 4450, poco meno di un terzo.
 Anche ad una semplice occhiata dall’alto, appare evidente la diversità dei due versanti: d’altronde il versante pisano è esposto a sud e ai venti marini; quello a nord, lucchese, a nord, alla tramontana.
 Ciò, anche in connessione alla diversa piovosità, più intensa  nel lato Lucca, per circa 300mm. annui in più.
 A proposito di acque, straordinaria è la ricchezza di acque termominerali, note fin dall’antichità (si pensi solo all’acquedotto romano di Caldaccoli!): bagni, fanghi, irrigazioni; acque ricche di sali, acque calde: una grandissima varietà. Solo sul versante lucchese, ad esempio, si contano tutt’oggi 113 sorgenti, solo in parte allacciate ad acquedotti: si tratta di acque oligominerali organoletticamente molto gradevoli, e utilizzatissime dalla popolazione locale ma non solo, per la loro leggerezza. Ricordare gli altri due straordinari acquedotti del Monte, quello Mediceo ad Asciano (PI), del 1600, e quello del Nottolini (LU), del 1800 dà forse l’idea di questa formidabile ricchezza.



 Il 60% del territorio, quasi 9000 ettari insomma, è occupato da culture forestali: bosco di alto fusto, bosco ceduo, bosco misto e poco meno di 300 ettari di castagneto da frutto. Certo, ai tempi della repubblica marinara di Pisa il pino silvestre la faceva da padrone, con il suo prezioso legname.
 Oggi troviamo pino marittimo (più raramente pino d’Aleppo), pino domestico, cipresso e pino laricio, faggio, esemplari di abete bianco, di sughera, di ontano; oppure leccio, frassino, corbezzolo e, come già detto, castagno. Tra tutti, naturalmente, l’olivo, la “regina omnium planctarum”, come lo chiamavano i romani, e ben a ragione!
Tra le piante “vascolari”, alcune di grande interesse, come la felce atzorica, la rosolida, la genziana, gli sfagni: tanto che qualcuno ha definito il Monte Pisano una vera e propria “isola fossile”. Per non parlare delle orchidee, alcune delle quali veramente rare.

Un accenno a parte merita la camelia Japonica, una pianta che “esplose” in Lucchesia a cavallo tra i settecento e l’ottocento e che trovò, alle falde del monte, particolarmente nella zona del Compitese,  un microclima ideale, tanto che nel raggio di pochi kilometri se ne trovano qualche centinaio di esemplari “antichi”.
 E la fauna? Anch’essa molto varia, va dai mammiferi come la volpe, la donnola, la faina, il cinghiale, il tasso, l’istrice, il riccio, il ghiro o lo scoiattolo ad uccelli rapaci come l’allocco, il gufo, la poiana, la civetta, il barbagianni, a rettili quali il biacco, l’orbettino o la luscengola (strana, quasi incomprensibile l’assenza della vipera!); tra gli anfibi la salamandra, il tritone crestato e l’ululone dal ventre giallo,ormai rarissimo. E poi, coleotteri, farfalle e altri insetti.



 Dal punto di vista storico, poi, il monte è una vera, affascinante miniera: dalle grotte preistoriche  alle pievi, agli eremi,alle torri, ai resti di castelli e fortezze, alle badie e ai monasteri, sino alle splendide ville del ‘600 e del ‘700, più monumentali sul versante pisano, più ville-fattoria-azienda agricola nel nostro versante.
  Certo, a partire dal ‘900, in particolare dalla sua seconda metà, il Monte Pisano ha conosciuto un’epoca di graduale abbandono: calo demografico, incuria e disuso del bosco, incendi frequenti, degrado ambientale, edifici anche storicamente significativi in abbandono.



  Oggi le cose possono davvero cambiare: il monte può apparire come un polmone naturale sostanzialmente intatto, ricco di attrattive per il turista amante della natura, a piedi, a cavallo o in mountain bike, oppure per il curioso di tracce archeologiche e storiche, per il botanico o per il geologo oppure anche per il ricercatore di fossili o cristalli di quarzo (con un po’ di fortuna se ne possono trovare di splendidi!).
 E infatti, cominciano a nascere strutture agrituristiche, il monte diventa sempre più frequentemente meta di escursionisti attenti: sono in molti ad essere convinti che, a fronte di un disegno politico-amministrativo forte e coordinato, possa disvelare in pieno tutte le sue potenzialità, anche economiche.

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