Da Vedere:

Museo dell'emigrazione italiana

Museo Paolo Cresci per la Storia dell'Emigrazione italiana
Collezione: Manoscritti, documenti personali, fotografie, filmati d'epoca, film, interviste sul fenomeno dell'emigrazione dall'Italia verso l'America nei secoli XIX e XX
Indirizzo: Palazzo Ducale, Cappellina Santa Maria della Rotonda
via Vittorio Emanuele, n. 3



Il Museo, che ha sede nel Palazzo Ducale di Lucca, prende il nome dal fotografo e appassionato collezionista fiorentino Paolo Cresci. Conserva ed espone un eccezionale e variegato materiale documentario sull’emigrazione dall’Italia a partire dall’Unità. Attraverso lettere manoscritte, fotografie, passaporti e altri documenti pubblici e privati è possibile ripercorrere l’esperienza migratoria nelle tappe più significative e nelle vicissitudini più ricorrenti: dalle condizioni di vita di chi decideva di emigrare, ai preparativi per la partenza, al viaggio, all’arrivo nel nuovo paese, alla ricerca di un lavoro, alla vita vissuta con i piedi nella “Merica” e il cuore in Italia.



Obiettivi del museo e dell’archivio sostenuti dalla fondazione Paolo Cresci sono lo studio e la divulgazione della storia dell’emigrazione proponendo al nostro paese, oggi non più terra di emigrazione ma di immigrazione, i valori civili della tolleranza e quelli costruttivi che nascono dall’interazione fra culture diverse.

Notizie storiche
Paolo Cresci (1943-1997), fotografo scientifico presso l’Università di Firenze, fu un appassionato collezionista di documenti sull’emigrazione. Iniziò la raccolta negli anni settanta e mise insieme un archivio ricco di materiale documentario, fotografie, libri e riviste: l’Archivio più importante in Italia per la storia dell’emigrazione.



Alla sua scomparsa, la Provincia di Lucca ha voluto continuare il lavoro da lui iniziato dando vita alla Fondazione che porta il suo nome.
Il museo espone parte del patrimonio dell’archivio organizzato in varie sezioni riguardanti tutte le tappe del percorso migratorio comprese la creazione di nuove città, le forme di associazionismo, mettendo in luce i problemi legati all’integrazione e alla convivenza.
Nella sala multimediale sono proiettati filmati storici, stralci di film d’epoca e contemporanei sul fenomeno dell’emigrazione. Una postazione video presenta interviste ad emigrati realizzate dalla Fondazione; è inoltre possibile effettuare, accedendo ai database dell’Archivio, ricerche storiche su persone emigrate.

Orari estivi

1 maggio – 30 settembre: 10,00 – 12,30; 15,00 – 18,30
chiuso il lunedì

Orari invernali

1 ottobre – 30 aprile: 9,30 – 12,30; 14,30 – 17,30
chiuso il lunedì
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Costo biglietto

ingresso libero

Come arrivare
macchina: Bretella dell’autostrada Firenze-Mare, S.S. 12 del Brennero da Pisa, e S.S. 435 Pesciatina, da Firenze e Pistoia
parcheggi: nelle immediate vicinanze Lorenzini e Cittadella (a pagamento)
mezzi pubblici: autolinee Lazzi da Viareggio, Pisa e Firenze con arrivo in Piazzale Verdi; treno Pisa-Lucca e Viareggio-Firenze

CONTATTI:

FONDAZIONE PAOLO CRESCI
per la Storia dell’Emigrazione Italiana
Cortile Carrara 1, 55100 - LUCCA
Tel. 0583.417483 - Fax 0583.417770

Tel / Fax +39 0583 417483 / +39 0583 417770
Email info@fondazionepaolocresci.it

Una piccola anticipazione…..
“…Sogno una valigia, una valigia immaginaria che in realtà è una finestra le cui sbarre sono state tagliate per permettere che uno possa scappare via…perché emigrare vuol dire liberarsi e scappare per cercare un mondo migliore, più felice… Se in più nel logo ho trasmesso anche un pò di poesia sarei molto felice…”
(Jean Michel Folon)

Partire?... Si
L’emigrazione italiana si è protratta dagli ultimi decenni dell’ Ottocento sino agli anni Settanta del Novecento ed è stata caratterizzata da una dispersione geografica in tutto il mondo.



Quelli che vengono definiti “fattori di espulsione” riguardavano l’agricoltura, minacciata dalle importazioni a basso prezzo di grano americano e di altri cereali, dalla concorrenza di alcuni paesi europei nel commercio dell’olio e del vino e, specialmente nelle regioni meridionali, dall’estensione del latifondo e dalla pratica di tecniche culturali primitive.

La valigia è stata a lungo il simbolo dell’emigrazione. Prima della valigia c’era il “fagotto”: un pezzo di stoffa, uno scialle nel migliore dei casi, in cui avvolgere le cose da portare con sé nel nuovo paese. La parola infagottare è molto usata in senso figurato: coprire, rivestire, ravvolgere alla meglio una persona con abiti, panni pesanti e abbondanti così da farne un fagotto. In alcune delle foto qui pubblicate si vedono delle donne “infagottate”, sono esse stesse dei bagagli in quanto hanno addosso più abiti, messi a strati, per non lasciare incustoditi nelle stive i propri averi, poveri e perciò preziosi.



E nel fagotto, o nella valigia, c’era tutto un “mondo”: ricordi della famiglia ormai lontana, un biglietto per un parente o un compaesano, talvolta una lettera di presentazione per qualcuno che, si sperava, potesse dare un aiuto, cibo, uno strumento musicale... un mondo, appunto.

E anche, per i più previdenti, un vocabolario “fai da te”. Nell’Archivio Cresci è presente un libercolo-vocabolario di inglese, in cui si possono leggere frasi del tipo: “Ianmen, ai nide bai santin ciu it, iu uil scio mi becher sciop Giovanotto, io abbisogno comprare qualche cosa da mangiare, voi volete mostrarmi panettiere bottega”.

Il viaggio e le mete

Gli emigranti italiani si sono dispersi "ai quattro venti". Hanno raggiunto, in quantità variabile, ogni paese del mondo.



Dal 1876 (anno in cui si cominciò a contare gli espatri) e per un secolo:
più di dieci milioni sono partiti dal Sud e dalle isole, cinque milioni dal Centro, cinque milioni e mezzo dal Nord-Est, cinque milioni dal Nord-Ovest.
In prevalenza erano originari del Veneto, della Campania, della Sicilia, della Lombardia, del Piemonte e della Calabria.
I paesi che ne hanno accolto il maggior numero sono stati: Stati Uniti d'America (circa sei milioni), Francia (quattro milioni e mezzo), Svizzera (circa quattro milioni), Argentina (circa tre milioni), Germania (circa due milioni e mezzo), Brasile (un milione e mezzo) e Canada (più di mezzo milione).



Per l'emigrante vale un detto siciliano: E unni agghiorna agghiorna. Così lo spiega Leonardo Sciascia (in "Occhio di capra", pp.68-69): "E dove sarà giorno sarà giorno. Ma è un 'dove' che vale anche 'quando' e con una sfumatura di 'se'. Se, quando e dove sarà giorno, sarà giorno. Si dice nel prendere una decisione che comporta rischi: come di un cammino intrapreso nel buio della notte, con l'insicurezza di raggiungere una meta; e si vedrà al sorgere del giorno dove saremo arrivati, quale luogo e sorte ci sono stati assegnati". Frase che da almeno un secolo suggella - fingendo noncuranza, scherzosamente: ma con intimo strazio - le decisioni, a migliaia numerose, di emigrare

Il lavoro
L’emigrazione italiana ha avuto molte facce e si è caratterizzata anche per aver esportato in tutto il mondo alte competenze di mestiere.



Il capitale degli emigranti è stato il lavoro accompagnato, sempre, da una serie di risorse non materiali: determinazione a lavorare comunque e in qualsiasi condizione; perseveranza anche di fronte a grandi ostacoli; inventiva che, talvolta, ha portato al conseguimento di grandi risultati sia sul piano sociale che economico.

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